ELOGIO DELLA LENTEZZA
I tessuti italiani esclusivi e un’estetica concreta, non esibizionista. Un Made in Italy d.o.c. destinato a durare nel tempo. È il lusso pensato e senza compromessi di Giada, il marchio guidato da Gabriele Colangelo
Quando dieci anni fa il gruppo cinese RedStone Haute Couture – che ha iniziato la sua avventura nella moda nel 1995 con la distribuzione in Cina di Valentino, Yves Saint Laurent e Salvatore Ferragamo – ha scelto di acquistare il marchio Giada dalla designer e imprenditrice Rosanna Daolio aveva in mente una strategia molto chiara: conquistare la parte di mercato internazionale che identifica il lusso nell’eleganza e nella cultura dell’estetica italiana borghese. L’obbiettivo del gruppo di Shenzhen era rilevare una realtà semi artigianale italiana e farla crescere prima nel mercato cinese, dove oggi Giada è presente con oltre 50 punti vendita, e poi arrivare in Europa, Italia e Francia in testa.
“Capisco che dal punto di vista comunicativo e mediatico sono scelte difficili e che in un momento in cui si va dichiaratamente verso l’opposto, investimenti in marchi noti e mercati già consolidati e soddisfazione visiva bidimensionale legata allo schermo, il nostro lavoro può sembrare noioso ma noi crediamo in un’estetica lenta, coerente e senza compromessi” dice Gabriele Colangelo direttore creativo del marchio dal 2015. “Per Giada il lusso è una sensazione riconducibile a un processo di sottrazione e alla ricerca della qualità massima del contenuto. Il lusso è un prodotto pensato, sviluppato, prodotto in Italia con tessuti italiani realizzati appositamente per noi.”
E come si trasmette questo messaggio nell’era del consumo digitale? “E’ un prodotto adulto e consapevole destinato a chi cerca il contatto fisico con le emozioni” dice Colangelo nato a Bresso in una famiglia di artigiani pellicciai, studi in lettere antiche e una passione per il minimalismo organico. “E’ un’estetica rigorosa, concreta, non mistificatrice, non esibizionista che vuole rimanere nel tempo e che attrae un tipo di consumatore che rende le dinamiche dell’engagement non un nostro obbiettivo primario.”
L’estetica lenta di Giada – ampiamente condivisa da Gabriele Colangelo con Mr. Yizheng Zhao, presidente di RedStone Haute Couture, che ha recentemente acquistato anche il marchio Raffaella Curiel – traspare dalle nuove campagne pubblicitarie il cui soggetto è una femminilità culturalmente apolide non allineata alla moda-spettacolo, per le quali Colangelo collabora “con professionisti donna perché hanno un punto di vista che biologicamente non mi appartiene che rende la collezione vera, reale.”
Ma come il direttore creativo sta costruendo il futuro di Giada? “Da quando nel 2008 ho iniziato la mia linea che sfila regolarmente durante Milano Moda Donna, il fast fashion è diventato un punto di riferimento strategico per il prêt-à-portèr rivoluzionando il sistema di progettazione, produzione e comunicazione della moda: da due collezioni l’anno siamo passati a sei e al see to buy. Ma creatività, qualità e contenuto hanno bisogno di tempi più lunghi. Il lusso è fare crescere le idee, essere coerenti con la propria identità e tenere una certa distanza dalla riconoscibilità immediata. Per Giada ho in mente un’evoluzione graduale del suo lessico attraverso l’osservazione dell’heritage, la rilettura dell’archivio e il rispetto di quanto acquisito nel mercato”.